mercoledì 14 gennaio 2015

Inferno, Canto III. Dentro a le segrete cose


Siamo in uno dei Canti più magnetici della Commedia.

'Per me si va nella città dolente... 

L'insegna al vestibolo dell'Inferno è minacciosa e di colore scuro, Dante spaurito come un gattino bagnato non ne afferra il senso. Virgilio non manca di rimarcargli – seconda volta, un po' carogna – la viltà, ma stavolta gli raccomanda di lasciarla lì (morta), prendendogli molto affettuosamente la mano per condurlo dentro a le segrete cose. E qui le orecchie di Dante iniziano a sentire sospiri, pianti e alti guai che caratterizzeranno tutto l'inferno; le prime anime dannate sono quelle degli ignavi, coloro che visser sanza 'nfamia e sanza lodo.

Qui, permettete, la prendo un po' larga.

Avete presente quando in una conversazione chiedi: "Che musica ascolti?" e la risposta è vaga, del tipo: "Boh, un po' di tutto. Ascolto la radio".
Che film ti piacciono? "Boh, vedo un po' di tutto".
Cosa leggi? "Boh, un po' tutto".
Che cibo ti piace? "Boh, mangio un po' di tutto".
Cosa voti? "Boh, tanto è tutto un magna magna".
Eccoli gli ignavi. A volte manco la squadra del cuore, hanno.
Nè caldi nè freddi. Tiepidi.


"Salvami dal colore grigio dell'uomo adulto" per dirla con il verso di una bellissima poesia di David Turoldo...


Oh ignavo, redimiti finchè sei in tempo! Prendi posizione, una buona volta. Non è che dimostri intelligenza stando dietro alla siepe del tuo sopracciglio alzato - "Tanto è tutto uguale. A me non la fanno" – non è che lanciando battutine al vetriolo dal tuo cantuccio dimostri sta gran sagacia. Non è che dando ragione a tutti avrai la stima di tutti, nè vedendo il complotto dappertutto ti assumeranno alla CIA. Discerni. Distingui. Esponiti.

E fatti una sana figura di merda ogni tanto, che fa bene e irrobustisce.


Frattanto, sulla riva del mitico Acheronte, la folla dei crocieristi spinge e si accalca come a un buffet matrimoniale.


Giunge il vecchio Caronte, sempre incazzato come una bestia, per portarli alla infernale gita e non manca di rimbrottare e scoraggiare il povero Dante.

Virgilio, sempre inossidabile, lo stronca da par suo: "Caron non ti crucciare: vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare". Fantastico. Sembra di assistere a una scena tra due vecchi colleghi che parlano dell'affiancamento del nuovo assunto: "Senti, non venirlo a dire a me! Hanno deciso come al solito i capi, le solite cose calate dall'alto!"



L'affollamento di anime è a onor del vero piuttosto inquietante. Oh, questi non hanno più scampo. Forever and ever. Game over. Per un illustre commentatore qui Dante "ha tinti i pennelli nell'ira di Dio".

Una visione così forte non poteva concludersi facilmente. Bisognava chiosare con un bel terremoto e un opportuno svenimento; e così ecco i pochi versi finali, pulsanti di una visione febbrile, prima d'entrare nell'inferno vero e proprio... 
 

Finito questo, la buia campagna
tremò sì forte, che de lo spavento
la mente di sudore ancor mi bagna.

La terra lagrimosa diede vento,
che balenò una luce vermiglia
la qual mi vinse ciascun sentimento;


e caddi come l'uom cui sonno piglia.

→Vai al Canto IV




Vedi anche:
Canto I:  L'Altro Viaggio
Canto II: L'impedito nella diserta piaggia 


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