mercoledì 4 febbraio 2015

Velieri, velocipedi e vampiri

CHE FILM, QUEI FILM (consigli di visione, tre per volta)
[n.01]

Inauguro qui una rubrichina cinematografica dove consiglierò - in modo per lo più casuale - tre film tra quelli che ho amato di più.
Le uniche regole che seguirò nella scelta dei tre titoli: consiglierò solo film da me valutati come grandi o grandissimi, saranno anteriori agli anni '90 (con particolare predilezione per i film più vecchi) e saranno di tre registi differenti.
Ogni film verrà presentato con un breve commento pescato tra le mie recensioni di nientepopcorn.That's all, folks! Buona visione.



La tragedia del Bounty (Mutiny on the Bounty, 1935)

Non mi faccio troppi scrupoli, lo definirei uno dei film più belli di Hollywood.
Di una bellezza oceanica, che unisce l’avventura al linguaggio marinaresco, la marzialità britannica al fascino esotico dell’idillio tahitiano. C’è la salsedine e la fatica, la frusta e il grog, l’amicizia e la rigida gerarchia imposta a bordo di una His Majesty Ship. C’è una fotografia che galvanizza ogni nuance di grigio perla, grigio plumbeo, bianco spuma, nero notturno. Mai come in questo film i colori sembrano urlare maestosi dietro al bianco e nero di Arthur Edeson.
Clark Gable è un ottimo Fletcher Christian, forse migliore del Marlon Brando nella versione del ’62, ma la vetta del podio spetta al magnifico Charles Laughton e al suo inclemente Captain Bligh, un antagonista che non sceglie per la sua magistrale interpretazione la facile strada del sadico, ma farcendola con un meraviglioso inglese infagottito, con una parlata “guanciale”, rapida e fiera – vi raccomando, guardatevelo in lingua originale! – incarna la parte di un perfetto prodotto dell’accademia navale britannica, spietato e impassibile, tronfio, irascibile senza perdere mai l’aplomb. Ci concede perfino un lampo fugace di umanità, quando si prodiga per il sostentamento del vecchio e fedele Morgan sulla scialuppa in mare aperto, dopo il violento ammutinamento.
Il regista è Frank Lloyd, oggi forse sconosciuto ai più, che condusse questa pellicola ad un meritatissimo Oscar.

Ladri di biciclette, 1948

Il neorealismo di De Sica dipinge la Roma del dopoguerra con tratti vivaci e grezzi, pescando tra la gente e non negli actor's studios, eppure senza perdere un grammo di classe. "Il mio scopo è rintracciare il drammatico nelle situazioni quotidiane, il meraviglioso della piccola cronaca, anzi, della piccolissima cronaca", disse il regista di Sora.
E proprio di piccolissima cronaca tratta questo bellissimo ritratto di popolino romanaccio, fatto di furtarelli e trattorie, messe dei poveri e monte dei pegni. Come tristemente spesso accade, anche solo un piccolissimo fatterello di cronaca rischia di rovinare una vita intera.

Nosferatu, il Principe della notte (Nosferatu: Phantom der Nacht, 1979)

Una straziante opera gotica, un canto notturno ricco d'atmosfera che dalle impervie montagne di Varna approda alle austere guglie di Wismar. Il Nosferatu di Herzog è pura poesia, inserirlo nel minestrone degli horror sarebbe un insulto alla sua bellezza; come il vampiro Dracula, è una pellicola condannata all'eternità, che soffre la luce e si nutre del pallore virgineo di spettatori non ancora inquinati dalle esplosioni emostatiche del trash contemporaneo. Klaus Kinski è un Principe della Notte inarrivabile, forse nemmeno il suo antesignano Max Schreck riuscì a toccare questo livello espressivo ed artistico.
Molto bravi Ganz e la stupenda giovane Adjani, che riesce a trasmettere carica erotica perfino nel suo concedersi alla morte per dissanguamento. La regia di Herzog è ispirata ed emozionante, le inquadrature serotine della Transilvania sono gemme di malinconia. La cosa più terrificante del film? Per me, il tappeto di ratti nella banchina del porto. Argh!


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