martedì 17 febbraio 2015

Inferno, Canto IX. Coriandoli e marionette


E così eravamo rimasti ai due poeti che "assediano" la mefitica imponente città di Dite. Negato il lasciapassare dai diavoli di frontiera, Virgilio ha fatto un esposto all'ambasciata del Regno dei Cieli ed è in attesa di un non ben identificato "messo celeste".
Malcela però con un "non detto" una certa insicurezza, che ovviamente fa tremare le ginocchia al nostro pavido fiorentino. Pur a noi converrà vincer la punga – cominciò el – se non...
Ecco i tipici puntini di sospensione del figurato "mordersi la lingua". Intuiamo come Virgilio si trattenga dal dire qualcosa di troppo, per non intimorire ulteriormente il già lagnosissimo Dante. Ma questi invece coglie appieno il repentino cambio di rotta del suo vate: "I’ vidi ben sì com’ei ricoperse | lo cominciar con l’altro che poi venne, | che fur parole a le prime diverse".
Non gliela fai mica a un campione di dietrologia.
Ed ecco che Dante per rompere il ghiaccio o ingannare l'attesa fa una domanda delle sue al buon Marone: ma in 'sto postaccio infame, ci finiscono solo quelli dei peggiori bar di Caracas o c'è finito anche qualche povero limbota (limbasco? limbegiano?), uno di quelli che hanno la sola colpa di esser nati prima di Cristo?
Sospiro di Virgilio. Scuotimento di testa. In un western sarebbe "sputo a terra e occhi al cielo" (ma qui sotto, gli occhi vanno al massimo alle volte del soffitto infernale). Insomma, un assist bello e buono per l'oratore e i suoi racconti.
Dante qui mette un indizio narrativo per certificare al lettore l'esperienza di Virgilio, il quale all'Inferno c'era già stato, seppure in circostanze "magiche".

Flashback: Eritone, strega negromante dell'Antica Grecia, riceveva per appuntamento al sepolcro. Un giorno qualcuno le chiese una predizione e lei come di consueto invocò un morto per il suo vaticinio. "Pronto, Agenzia Guide Infernali? Mi portate sto morto qui, grazie. Che? Sciopero delle guide? Oh cacchio. No, dai, come faccio adesso? Non potete mandare un apprendista?". Ecco spiegata la prima hell's mission virgiliana.

Ma come nelle più classiche delle commedie demenziali (mi viene in mente la scenetta della tipa prolissa che induce al suicidio tutti i suoi vicini di posto ne "L'aereo più pazzo del mondo") a un certo punto ecco un altro di quei risvolti faceti, quelle situazioni ordinariamente comiche che questa Commedia dissemina qui e là come coriandoli tra le pietre preziose. Virgilio continua a raccontare facendo foggia del suo eloquio ma Dante smette di ascoltare (E altro disse, ma non l’ho a mente), distratto dalla trucida apparizione delle tre Furie.
Queste – Megera, Tisifone e Aletto, tridente d'attacco dell'Atletico Dite – cominciano a canzonare pesantemente Dante. La minaccia di chiamare Medusa per pietrificarlo mi sembra infatti più una boutade, seguendo una logica che provo ora ad esprimere.
I diavoli guardiani, le furie, un po' tutte le creature infernali ringhiano e abbaiano al vivente Dante, ma non mordono. Non possono mordere. A volte basta una battuta di Virgilio per zittirli, bastano due (o quattro) mani sugli occhi e non guardarli. Nei casi più ostinati come la ripicca dei diavoli alle mura di Dite, basta la verghetta del messo celeste per spalancare i loro pesanti portali.
La consapevole inferiorità delle creature infernali le rende pericolose come i draghi cinesi di cartapesta. La loro mostruosità è in fondo caricaturale, sono marionette riottose.

L'arrivo del messo celeste appare rombante come quello di un supereroe, come la carica della cavalleria nordista, ma lui non ha per niente l'aura eroica. Ha dipinto in faccia lo scazzo dell'intervenuto controvoglia, di quello che non ha tempo da perdere dietro a 'ste minchiate (sembiante d'omo cui altra cura stringa e morda). Ecco un altro di quei "coriandoli" di cui parlavo.

Infine, questo canto affascinante si conclude con l'ingresso a Dite, città sepolcrale e desolata disseminata di tombe scoperchiate dove cuociono – a diverso grado di cottura a seconda del peccato – gli eresiarchi, ovvero la ridda di profeti e ciarlatani di sette ed eresie. Un fritto misto transconfessionale. 

***
Cosa ci siam lasciati dietro:

Canto I:   L'Altro Viaggio
Canto II:  L'impedito nella piaggia diserta
Canto III: Dentro a le segrete cose
Canto IV: Il castello dalle sette mura
Canto V:  Francesca e Paolo
Canto VI: Da Cerbero a Pluto
Canto VII: Paperone, Rockerduck e la rissa ai fanghi termali  

Canto VIII: Due bulli sullo Stige 

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