lunedì 9 febbraio 2015

Inferno, Canto VIII. Due bulli sullo Stige


Dante mio, non ti riconosco mica. Lasciarsi andare così al livore! Dal tuo pennino è zampillata una macchia nera che ha insozzato eternamente la figura tua e quella fin qui ieratica e coerentemente salomonica di Virgilio. L'hai combinata grossa, e tutto perchè? Bah, per i soliti litigi di vicinato (passatemi l'iperbole).
Filippo Argenti era infatti un vicino di casa. Peraltro forse ancora vivente mentre Dante Aligheri stava scrivendo la Commedia. Poteva essere un Anacleto Mitraglia o un Ned Flanders.
Sto 'nfamone d'un Dante lo fa emergere insozzato dallo Stige per insultarlo, poi si fa dar man forte da Virgilio (via costà con li altri cani!) che suggella la pietosa scena con un bel bacio schioccante al suo compagno di bullismo. Infine, come se non bastasse, lo fa fare a pezzi dagli altri dannati, stile orda zombie di Walking Dead. Insomma, ci va giù pesantuccio.
Forse è solo un colpo di sole all'inferno va, ci può anche stare. Basta che poi torni il mollaccione sentimentalone di prima, che era più simpatico.

Ma ricapitoliamo un attimo: siamo allo Stige, fiumaccio di fango fumigante, e Dante scorge un paio di fiammelle; all'inferno si fanno i segnali luminosi, probabilmente per segnalare la presenza di un vivo tra i morti.
Ecco avvicinarsi la motovedetta del capitano Flégias. Questi, megafono in mano (vabbè, è chiaro che sto un po' colorando con la fantasia, no?), urla "Or sè giunta, anima fella!". Bè, vi dirò, è la prima volta che qualcuno scambia Dante per un'anima malvagia, e sta volta un po' ci prende se consideriamo l'episodio di Filippo Argenti; è come se Flégias percepisse un fondo di odio nel cuore di Dante, causato certamente dai suoi travagli politici. Virgilio come al solito stronca lo scafista infernale di turno senza troppi giri di parole, e i due si imbarcano.

Dell'incontro col povero Argenti ho già detto. Finito di sfogare letterariamente la propria ira repressa, Dante scorge le rosse meschite, torri saracene, che svettano dalla imponente città fortificata di Dite. Giunti sotto le mura, uno stormo di diavoli cala poco amichevolmente sopra di loro. Di qua non si passa e anzi, minacciano di mandare Dante indietro tutto solo, sfidandolo a uscire dall'inferno se ne è capace. Ovviamente Dante se la fa addosso e pigola all'indirizzo del suo vate – lo dolce padre – che gonfia il petto e dice "Mo' ce penso io". Ma stavolta le sue trattative non hanno esito, ci rimane pure un po' male e incazzato marcio com'è scrive subito su whatsapp a un misterioso messo celeste...

***

Quel che s'era già detto:

Canto I:   L'Altro Viaggio
Canto II:  L'impedito nella piaggia diserta
Canto III: Dentro a le segrete cose
Canto IV: Il castello dalle sette mura
Canto V:  Francesca e Paolo
Canto VI: Da Cerbero a Pluto
Canto VII: Paperone, Rockerduck e la rissa ai fanghi termali

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