Dante mio, non ti riconosco mica. Lasciarsi andare così al livore! Dal tuo pennino è zampillata una macchia nera che ha insozzato eternamente la figura tua e quella fin qui ieratica e coerentemente salomonica di Virgilio. L'hai combinata grossa, e tutto perchè? Bah, per i soliti litigi di vicinato (passatemi l'iperbole).
Filippo Argenti era infatti un vicino di casa. Peraltro forse ancora vivente mentre Dante Aligheri stava
scrivendo la Commedia. Poteva essere un Anacleto Mitraglia o un Ned
Flanders.
Sto 'nfamone d'un Dante lo
fa emergere insozzato dallo Stige per insultarlo, poi si fa dar man
forte da Virgilio (via costà con li altri cani!) che suggella
la pietosa scena con un bel bacio schioccante al suo compagno di
bullismo. Infine, come se non bastasse, lo fa fare a pezzi dagli
altri dannati, stile orda zombie di Walking Dead. Insomma, ci va giù
pesantuccio.
Forse è solo un colpo di sole all'inferno va, ci può anche stare. Basta che poi torni il mollaccione sentimentalone di prima, che era più simpatico.
Forse è solo un colpo di sole all'inferno va, ci può anche stare. Basta che poi torni il mollaccione sentimentalone di prima, che era più simpatico.
Ma ricapitoliamo un attimo: siamo allo Stige, fiumaccio
di fango fumigante, e Dante scorge un paio di fiammelle; all'inferno
si fanno i segnali luminosi, probabilmente per segnalare la presenza
di un vivo tra i morti.
Ecco avvicinarsi la
motovedetta del capitano Flégias. Questi, megafono in mano (vabbè,
è chiaro che sto un po' colorando con la fantasia, no?), urla "Or
sè giunta, anima fella!". Bè, vi dirò, è la prima volta
che qualcuno scambia Dante per un'anima malvagia, e sta volta un po'
ci prende se consideriamo l'episodio di Filippo Argenti; è come se
Flégias percepisse un fondo di odio nel cuore di Dante, causato certamente dai
suoi travagli politici. Virgilio come al solito stronca lo scafista
infernale di turno senza troppi giri di parole, e i due si imbarcano.
Dell'incontro col povero
Argenti ho già detto. Finito di sfogare letterariamente la propria
ira repressa, Dante scorge le rosse meschite, torri saracene,
che svettano dalla imponente città fortificata di Dite. Giunti sotto
le mura, uno stormo di diavoli cala poco amichevolmente sopra di
loro. Di qua non si passa e anzi, minacciano di mandare Dante
indietro tutto solo, sfidandolo a uscire dall'inferno se ne è
capace. Ovviamente Dante se la fa addosso e pigola all'indirizzo del
suo vate – lo dolce padre – che gonfia il petto e dice
"Mo' ce penso io". Ma stavolta le sue trattative non hanno
esito, ci rimane pure un po' male e incazzato marcio com'è scrive subito su
whatsapp a un misterioso messo celeste...
***
Quel che s'era già detto:
Canto I: L'Altro Viaggio
Canto II: L'impedito nella piaggia diserta
Canto III: Dentro a le segrete cose
Canto IV: Il castello dalle sette mura
Canto V: Francesca e Paolo
Canto VI: Da Cerbero a Pluto
Canto VII: Paperone, Rockerduck e la rissa ai fanghi termali
Quel che s'era già detto:
Canto I: L'Altro Viaggio
Canto II: L'impedito nella piaggia diserta
Canto III: Dentro a le segrete cose
Canto IV: Il castello dalle sette mura
Canto V: Francesca e Paolo
Canto VI: Da Cerbero a Pluto
Canto VII: Paperone, Rockerduck e la rissa ai fanghi termali
Nessun commento:
Posta un commento