Virgilio spacca. No, dico, li mette a posto proprio tutti questi custodi infernali! Stavolta è il turno del celebre Minotauro (l'infamia di Creti), mitologico guardiano taurino del Labirinto di Cnosso, il quale alla vista dei due viandanti fa fumo dal naso (il topòs cartoonistico è mio). Il poeta mantoano gli dice di darsi una bella calmata e di filar via, ché Dante non è mica Teseo (colui che uccise il minotauro nel labirinto). Punto sul vivo dal virgiliesco sarcasmo, il mostruoso essere perde le staffe, ma come già visto per altre creature infernali, sfoga la sua rabbia con frustrante velleità (avete presente il tipico calcio alla sedia nei film).
I due
scendono per una ripa scoscesa e Dante nota che il paesaggio è tutto
in rovina, come dopo una frana. Virgilio, telepatico as usual, gli
legge nel pensiero -Tu pensi forse a questa ruina...-
sottolineando che al suo primo viaggio per quei luoghi (remember
Eritone) non era tutto così sconquassato. Fu il tremendo
terremoto che precedette la discesa agli inferi del Cristo a metter a
soqquadro la morfologia infernale; da tutte parti l'alta valle
feda tremò sì, ch'i' pensai che l'universo sentisse amor, per lo
qual è chi creda più volte il mondo in caòsso converso. Le
oscure parole di Virgilio, che coniugano l'amore al terremoto al caos,
alludono alla dottrina di Empedocle. Via si googla.
Il
dottor Empedocle di Agrigento sosteneva che le quattro "radici"
naturali (aria, acqua, fuoco e terra, più tardi con Platone
denominati "elementi") vengono disunite e ricomposte da due
forze eguali e contrarie in eterna tensione, Odio e Amore. Ma il caos
non viene determinato – come si può supporre di primo acchito –
dalla disgregazione, che tiene invece le cose chiaramente distinte,
bensì proprio dall'amalgama, dall'ammassamento della materia operato
dall'Amore. Da qui l'intuizione di quel sismologo empedocleo d'un Virgilio.
Lo
sguardo di Dante ora viene spinto oltre (Ma ficca li occhi a
valle), ove scorre il Flegetonte, fiume di sangue bollente dove
stanno i violenti.
Oh
cieca cupidigia e ira folle, che sì ci sproni nella vita corta, e ne
l'etterna poi sì mal c'immolle!
L'istinto
belluino dell'uomo, il raptus violento che dallo schiaffo al bambino
alle tante arance meccaniche di ogni latitudine conosce una triste
infinita gamma di sfumature. Cosa c'è di peggio della violenza? Cosa
può esserci di peggio dell'aggressione, specialmente nei confronti
di chi non si sa difendere? Quando leggo dei pestaggi ad opera delle
baby gang mi si accappona la pelle. A volte mi pare di vivere in un
mondo ostaggio della violenza e della sopraffazione, eppure c'è così
tanta Bellezza, se solo potessimo toccare la mente e il cuore di
tanti ragazzini, strapparli al culto idolatra della violenza... Dio
benedica chi educa alla pace, specialmente nelle periferie ribollenti
del mondo!
Torniamo
a Dante. Dalle pareti rocciose intorno ad un' ampia fossa in arco
torta giunge un drappello minaccioso di centauri armati. Sono
guidati da Chirone, Nesso e Folo, i quali si accorgono dell'essenza
terrena di Dante dal fatto che i sassi rotolano sotto i suoi piedi
(siete voi accorti che quel di retro move ciò ch' el tocca?).
Alla spiegazione di Virgilio sulla natura e lo scopo del viaggio
dantesco, Chirone ordina a Nesso di far loro da guida perchè nessun
altro si frapponga al loro cammino (fa cansar s'altra schiera
v'intoppa). Il centauro Nesso nella mitologia greca fu colui che
commissionò in punto di morte con una menzogna la morte di Ercole,
il quale lo aveva trafitto con una freccia avvelenata perchè cercava
di rapire la sua amata Deianira. Per vendicarsi del suo uccisore
infatti Nesso ingannò Deianira dicendole che se lei avesse preso il
suo sangue e con esso avesse intinto una veste, la stessa se
indossata dall'amato avrebbe magicamente reso immortale il loro
amore. Invece, quando per gelosia Deianira fece indossare a Ercole la
camicia di Nesso, essa causò dolori talmente lancinanti da spingerlo
al suicidio. Al quale seguì subito quello di lei, distrutta dai
rimorsi. Hai capito le tragedie greche, quanto son tragiche. E greche.
Come gli
altri, anche questo Canto presenta una serie incredibile di finestre
sul mondo classico; è la stratificazione con cui è costruita questa
Commedia a renderla straordinaria. Ogni metro è un pozzo di cultura
a cui attingere. Che fantastico viaggio, questo Inferno!
Si
chiude con l'elenco dei tiranni che bollono nel punto più profondo del Flegetonte, da
Alessandro ad Attila. E mi sa che dal Novecento ad oggi si sono aggiunti parecchi altri, di compagni di scarlatta bollitura.
Che cosa si era già scritto:
Canto I: L'Altro Viaggio
Canto II: L'impedito nella piaggia diserta
Canto III: Dentro a le segrete cose
Canto IV: Il castello dalle sette mura
Canto V: Francesca e Paolo
Canto VI: Da Cerbero a Pluto
Canto VII: Paperone, Rockerduck e la rissa ai fanghi termali
Canto VIII: Due bulli sullo Stige
Canto IX: Coriandoli e marionette
Canto X: Galeotto fu un passato remoto
Canto XI: Tristo fiato e bucce di banana filosofiche
Canto II: L'impedito nella piaggia diserta
Canto III: Dentro a le segrete cose
Canto IV: Il castello dalle sette mura
Canto V: Francesca e Paolo
Canto VI: Da Cerbero a Pluto
Canto VII: Paperone, Rockerduck e la rissa ai fanghi termali
Canto VIII: Due bulli sullo Stige
Canto IX: Coriandoli e marionette
Canto X: Galeotto fu un passato remoto
Canto XI: Tristo fiato e bucce di banana filosofiche
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