questo
ricco Tesoro,
[...]
che
lo tegnate caro,
e
che ne siate avaro:
ch’i’
ho visto sovente
viltenere
a la gente
molto
valente cose;
e
pietre prezïose
son
già cadute i·lloco
che
son grandite poco
da Il Tesoretto, di Brunetto Latini
Le nostre cose più preziose, quanto vorremmo che non venissero
sciupate dalla dozzinale sciatteria o nell'approssimazione. Ti presto
un libro a cui tengo, tu magari non lasciarlo scompaginato tra i
calzini del comodino. Ti lascio in custodia mio figlio, tu magari
scollati da whatsapp e fai attenzione che non si sbreghi su uno
spigolo. Ti confido un segreto, tu magari evita di pubblicarlo su
facebook. Cose così. Lo stesso vale beninteso per noi stessi quali
recettori di un tesoro altrui; è il rischio dell'approssimazione,
come scriveva il matematico spirituale Pavel Florenskij in una
commovente lettera ai suoi figli: "Ricordatevi che
nell'approssimazione si può perdere tutta la vita, mentre al
contrario nel compiere con precisione e al ritmo giusto anche le cose
e le questioni di secondaria importanza, si possono scoprire molti
aspetti che in seguito potranno essere per voi fonte profondissima di
un nuovo atto creativo".
Tornando alla Commedia anche in questo quindicesimo canto c'è in
fondo un solo protagonista, ser Brunetto Latini, il quale rappresenta
emblematicamente il raffinato uomo di lettere con il "vizietto"
dell'omosessualità. Non c'è ovviamente da stupirsi che la
medievalità morale di Dante faccia recludere i sodomiti in un girone
infernale, c'è però ancora quel guizzo, quella fiammella di pietas
in Dante che riesce a far luce pur nella tenebra di una antica
condanna religiosa.
Dante e Virgilio camminano sull'argine del Flegetonte, riparati dalla
piogga ardente. C'è quindi una certa altezza che li separa dalla
schiera d' anime, i quali strigono gli occhi per guardarli (aguzzavan
le ciglia come 'l vecchio sartor fa ne la cruna). Dante viene
fermato da uno di questi, che lo trattiene per il lembo esclamando:
"Qual maraviglia!". Quest'anima ha il volto cotto,
come arso e annerito dai fuochi infernali, eppure Dante chinando
la mano alla sua faccia (immagine di tenerezza) lo riconosce:
"Siete voi qui, ser Brunetto?".
Brunetto Latini è stato maestro di retorica del giovane Dante
Alighieri e il profondo rispetto dell'allievo nei confronti del suo
vecchio tutore traspare per tutto il canto. Dante accetta ben
volentieri di condividere con lui un pezzo di strada, riproponendo
quell' antica modalità di scambio culturale che fu la conversazione
peripatetica, seppure segnata dal dislivello imposto da una
morfologia gnomica. Dante sull'argine, ser Brunetto più sotto; I'
non osava scender de la strada per andar par di lui; ma 'l capo chino
tenea com'uom che reverente vada.
Il primo consiglio da vecchio maestro a Dante verte sul senso di
smarrimento che lo stesso gli manifesta raccontanto brevemente il
modo in cui è capitato per questo calle. Brunetto sentenzia:
"Se tu segui tua stella, non puoi fallire a glorioso porto"
e predicendo l'esilio di Dante inizia un discorso politico che ci
riporta alla Firenze divisa tra guelfi bianchi e neri, in cui lancia
i suoi strali contro i fiorentini, le bestie fiesolane: che
s'ammazzino pure, ma senza toccare la pianta in cui rivive la sementa
santa del primo antico insediamento romano. Il mito della purezza
delle origini.
Va notata una assenza pesante in questa conversazione, un silenzio
carico di significato; il loquace Virgilio tace in pudico rispetto.
E' un'ombra silenziosa che tacitamente accetta il rimpiazzo
momentaneo del povero Brunetto, limitandosi ad una quasi banale
sottolineatura di una frase di Brunetto "Bene ascolta chi la
nota".
In conclusione del Canto, ser Brunetto chiede a Dante di essere
depositario del suo Tesoro, riecheggiando i versi del poemetto sopra
citato: "Sìeti raccomandato il mio Tesoro nel qual io vivo
ancora, e più non cheggio". La poesia rimane eterna; ha
solo bisogno di qualcuno che la raccolga, di qualcuno che se ne
prenda cura sfidando il mostro dell' approssimazione.
Poi si rivolse, e parve di coloro che corrono a Verona il drappo
verde per la campagna; e parve di costoro quelli che vince, non colui
che perde.
Le tappe precedenti del nostro viaggio:
Canto I: L'Altro Viaggio
Canto II: L'impedito nella piaggia diserta
Canto III: Dentro a le segrete cose
Canto IV: Il castello dalle sette mura
Canto V: Francesca e Paolo
Canto VI: Da Cerbero a Pluto
Canto VII: Paperone, Rockerduck e la rissa ai fanghi termali
Canto VIII: Due bulli sullo Stige
Canto IX: Coriandoli e marionette
Canto X: Galeotto fu un passato remoto
Canto XI: Tristo fiato e bucce di banana filosofiche
Canto II: L'impedito nella piaggia diserta
Canto III: Dentro a le segrete cose
Canto IV: Il castello dalle sette mura
Canto V: Francesca e Paolo
Canto VI: Da Cerbero a Pluto
Canto VII: Paperone, Rockerduck e la rissa ai fanghi termali
Canto VIII: Due bulli sullo Stige
Canto IX: Coriandoli e marionette
Canto X: Galeotto fu un passato remoto
Canto XI: Tristo fiato e bucce di banana filosofiche
Canto XII: Mistiche frane e mitologiche finestre
Canto XIII: Uomini fummo, e or siam fatti sterpi
Canto XIV: In direzione ostinata e contraria
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