mercoledì 6 maggio 2015

Inferno, Canto XVI. A costor si vuole esser cortese


Per smentire il solito refrain che vede Dante molle sentimentalone e Virgilio cinico e smaliziato, al silenzio carico di rispetto con cui il poeta greco nel Canto XV cede il piedistallo a Brunetto Latini si aggiunga pure questo ulteriore zampillo di pietas del Canto XVI: quando tre anime piagate si avvicinano a Dante, riconoscendolo dalle sue vesti come un fiorentino, Virgilio suggerisce al suo discepolo di rallentare il passo: "Or aspetta" disse "a costor si vuole esser cortese". Bella immagine, questa; a nessun reietto si neghi la cortesia dell'ascolto, dove per cortesia non si intendono le maniere affettate ma la gentilezza d'animo.
I tre studiano Dante qual sogliono i campioni far nudi e unti, avvisando lor presa e lor vantaggio, cioè come i lottatori prima di tentare una presa; anch'essi come ser Brunetto sono al VII Cerchio infernale nel girone dei sodomiti. Pregando Dante di rimanere un poco ad ascoltarli, si presentano malcelando un certo orgoglio: il primo è Guido Guerra, nipote della buona Gualdrada la quale altri non è che il casus belli della divisione tra Guelfi e Ghibellini a Firenze; la stessa infatti, secondo una cronaca del tempo, fece mandar a monte un accordo matrimoniale tra i Buondelmonti e gli Amidei, episodio da cui scaturì l'agguato mortale a Buondelmonte nella Pasqua del 1216. Il secondo è Tegghiaio Aldobrandi (di lui Dante chiese informazioni nel VI Canto a Ciacco), la cui voce nel mondo sù dovrìa esser gradita, ennesimo esempio della logica stemperante dell'autore, indulgente verso la condotta morale quando a questa si affianca un indiscutibile valore; l'ultimo – che è anche il "presentatore" del trio – è Iacopo Rusticucci, il quale, con quel che sembra quasi un guizzo d'ironia, dichiara con misteriosa solennità la causa del suo mal: "e certo la fiera moglie più ch' altro mi nuoce".
Non dispetto, ma doglia la vostra condizion dentro mi fisse, ci tiene a precisare Dante, il quale ammira la grandezza di tutti e tre. Lo scambio di convenevoli continua, al che Rusticucci chiede al poeta di rivelargli se sussistono ancora buoni valori a Firenze, giacchè le ultime notizie avute dal "recentemente dannato" Guglielmo Borsiere non sono affatto incoraggianti. Dante eleva il suo grido di sdegno contro la città e i tre lo ringraziano per la chiarezza, chiedendogli infine di parlar di loro alla gente. Se ne vanno veloci a guisa di corridori proprio come fece poco prima Brunetto Latini, a fuggirsi ali sembiar le gambe loro isnelle.
Scomparsi "in un amen" i tre fiorentini, Dante e Virgilio giungono in un punto in cui il Flegetonte s'inabissa con un fragore tale che 'n poc' ora avrìa l'orecchia offesa. Virgilio chiede a Dante di sfilarsi la corda che porta alla cinta (il poeta si dà un tono da Hemingway, dicendo che sarebbe servita a catturare la lonza), e la getta nel burrone. La situazione si fa un po' buffa, perchè sul momento pare non accada nulla; Dante si autoconvince che qualcosa dovrà pur accadere - 'E pur convien che novità risponda' dicea fra me medesmo – e Virgilio, partecipe di quella specie di attesa imbarazzata, ci tiene a precisare: "Tosto verrà di sovra ciò ch' io attendo e che il tuo pensier sogna".
Ed ecco che giunge dal fondo dell'abisso una creatura misteriosa, che si spinge come colui che va giuso talora a solver l'ancora ch'aggrappa o scoglio o altro che nel mare è chiuso, che 'n sù si stende, e da piè si rattrappa. Come cioè colui che si tuffa per disincagliare l'ancora, il quale per ritornare in superficie si dà uno slancio con i piedi tendendo le mani verso l'alto. Chi sia, ancora non ci è dato sapere (sì, lo so, vabbè non è Aquaman...). Chiusura in suspense!

Nelle puntate precedenti:


Canto I:   L'Altro Viaggio
Canto II:  L'impedito nella piaggia diserta
Canto III: Dentro a le segrete cose
Canto IV: Il castello dalle sette mura
Canto V:  Francesca e Paolo
Canto VI: Da Cerbero a Pluto
Canto VII: Paperone, Rockerduck e la rissa ai fanghi termali
Canto VIII: Due bulli sullo Stige 
Canto IX: Coriandoli e marionette
Canto X: Galeotto fu un passato remoto
Canto XI: Tristo fiato e bucce di banana filosofiche
Canto XII: Mistiche frane e mitologiche finestre
Canto XIII: Uomini fummo, e or siam fatti sterpi 
Canto XIV: In direzione ostinata e contraria
Canto XV: Abbi cura del mio tesoro

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