76. Pulp fiction (1994) di Quentin Tarantino
Forse si parla un po’ troppo di
Tarantino, ma questa miscela esplosiva di violenza e black humour è
indubbiamente un capolavoro a 360 gradi; lo scompaginamento temporale è una
trovata registica divertente, come irresistibili sono i dialoghi infarciti di minchiate
tra Vincent e Jules, il twist di Travolta e la Thurman, la scenetta grottesca del
colpo di pistola accidentale in auto. Tra i tanti personaggi, trovo personalmente
tenerissima l'ingenua Fabienne (Maria de Medeiros). La colonna sonora è
obiettivamente stratosferica. Questo film si rivede volentieri, un pulp davvero
cazzutissimo che ha lasciato il segno nel cinema anni '90.
75. Nosferatu, il principe della notte (1978) di Werner Herzog.
Una
straziante opera gotica, un canto notturno ricco d'atmosfera che dalle impervie
montagne di Varna approda alle austere guglie di Wismar. Il Nosferatu di Herzog
è pura poesia, inserirlo nel minestrone degli horror sarebbe un insulto alla
sua bellezza; come il vampiro Dracula, è una pellicola condannata all'eternità,
che soffre la luce e si nutre del pallore virgineo di spettatori non ancora
inquinati dalle esplosioni emostatiche del trash contemporaneo. Klaus Kinski è
un Principe della Notte inarrivabile, forse nemmeno il suo antesignano Max
Schreck riuscì a toccare questo livello artistico. Molto bravi Ganz e la
stupenda giovane Adjani, che riesce a trasmettere carica erotica perfino nel
suo concedersi alla morte per dissanguamento. La regia di Herzog è ispirata ed
emozionante, le inquadrature serotine della Transilvania sono gemme di
malinconia. Il vero orrore del film resta il tappeto di ratti nella banchina
del porto.
74. 127 ore (2010) di Danny Boyle
C'è una certa brutale poesia nel
vedere James Franco, coltellino in mano, scalpellare inutilmente la roccia
mentre in sottofondo parte quasi beffardamente Lovely day di Bill
Withers. C'è una brutale poesia perfino nella scena madre, dove il rosso cupo
regna sovrano. Un film magnetico, dove non vedi l'ora che finiscano gli
intervalli delle allucinazioni per tornare nelle profondità del buco, e vedere
cosa farà ora questo pazzoide di un Aron Ralston alle prese con quel
"cazzo di masso" (cit.)
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