94. Lanterne rosse
(1991) di Zhang Yimou
Il film di Zhang Yimou punta tanto all'estetica
dell'immagine quanto alla denuncia sociale, in un delicato e orientale
equilibrio. Lo scenario del Complesso della Famiglia Qiao, splendido e
imponente palazzo nobiliare della dinastia Qing, tra cortili, terrazze e
grondaie intagliate garantisce un notevole impatto fotografico, come nella
scena del canto di gelosia della Terza moglie in una livida alba azzurra.
Splendida Gong Li in un ruolo difficile, per niente univoco in cui convivono elementi di ribellione e di adattamento al feroce clima di complotto tra mogli e allo scandaloso sistema di "tradizioni" umilianti che ancora oggi molte donne subiscono in tante parti del mondo.
Splendida Gong Li in un ruolo difficile, per niente univoco in cui convivono elementi di ribellione e di adattamento al feroce clima di complotto tra mogli e allo scandaloso sistema di "tradizioni" umilianti che ancora oggi molte donne subiscono in tante parti del mondo.
93. Inside man (2006)
di Spike Lee
Emozionante robbery-movie, di quelli con assedio in
forze e negoziazione ostaggi. Il fulcro della trama ruota attorno alla
"scommessa" personale del rapinatore Russell (un ottimo Clive Owen)
con il detective Frazier (un gigantesco Denzel Washington): "Uscirò dalla porta principale".
L'attenzione dello spettatore non cala mai fino al finale; forse la chiusura
non si può definire una trovata assolutamente geniale, ma in fondo il messaggio
sottostante è chiaro e veritiero. In certe condizioni, puoi davvero uscire
impunito dalla porta principale. Inoltre: quel "We never forget"
scritto sul muro, che ricorda la tragedia dell'11 settembre, è un monito
all'illusione di vivere nel mondo delle super-sicurezze. Bastano quattro
imbianchini, e il castello di carte crolla.
92. La regola del
gioco (1939) di Jean Renoir
Sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla efficace
interpretazione dello stesso Renoir nei panni dell'istrionico Octave: un
carisma, una presenza scenica che mi hanno ricordato Orson Welles. Quanto al
film, per quanto risulti oggettivamente seminale (fonte di ispirazione
indubbiamente per il Bergman dei "Sorrisi di una notte d'estate",
forse anche per il Buñuel de "Il fascino discreto della borghesia"),
il suo tono generalmente scanzonato è talmente fru fru da rasentare i
limiti della commediola, sebbene si alterni a picchi di genio registico sparsi
e discontinui come briose pennellate su un rosa confetto.
Ad ogni modo è impossibile negare la grandezza di sequenze come quelle della buffa caccia ai conigli o delle scespiriane corsette amorose per i corridoi del castello, o ancora i personaggi che bucano lo schermo come il cornuto guardacaccia Schumacher, la maschera d'orso di Renoir, il finale così cinico e nero, le infinite idee variegate e bizzarre di questo regista.
Ad ogni modo è impossibile negare la grandezza di sequenze come quelle della buffa caccia ai conigli o delle scespiriane corsette amorose per i corridoi del castello, o ancora i personaggi che bucano lo schermo come il cornuto guardacaccia Schumacher, la maschera d'orso di Renoir, il finale così cinico e nero, le infinite idee variegate e bizzarre di questo regista.
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