46. L’ultimo spettacolo (1971) di Peter Bogdanovich
Le storie struggenti dell'America vintage, devo ammetterlo, mi affascinano da sempre. Ma
laddove sussulto per semplici confezioni colorate come il bellissimo
"American Graffiti", o il più recente e tenero "Stand by
me", davanti a capolavori come questo di Bogdanovich mi sento mancare il
fiato. Non c'è infatti il solo sospiroso effetto "melancholy" - il vento che spazza una cittadina desolata,
piccole sale biliardo mal riscaldate, la radio, il drive-in, le infinite
monotone highways americane, l'ultima proiezione di un vecchio cinema da cui il
titolo del film - ma anche un ingrediente segreto, magico, il gioco raffinato e
dosato con l'elemento surreale proprio di un Fellini (Ia scena della piscina al
Country Club, molto felliniana), la ferocia nascosta delle relazioni umane che
straripa nella letteratura americana del 900, come pure in pregevoli prodotti
della TV (guardate bene la magnifica Ellen Burstyn; non vi ricorda una certa
Bree di Wisteria Lane?). Quella malinconia brutale di un gruppo di tipici
redneck texani incapaci di commuoversi davanti al cadavere di un "idiota".
Ottimo il consiglio di Welles all'amico Bogdanovich di girarlo in bianco e nero. La sequenza iniziale e quella finale coincidono, come a ricordarci che tutto è un ciclo. C'è un Jeff Bridges alle prime armi, una Cybill Shepard splendente ragazza annoiata, e poi c'è una grande Cloris Leachman (la Frau Blücher! di Frankenstein Jr.) casalinga depressa e fedifraga, meritatissimo premio Oscar.
Ottimo il consiglio di Welles all'amico Bogdanovich di girarlo in bianco e nero. La sequenza iniziale e quella finale coincidono, come a ricordarci che tutto è un ciclo. C'è un Jeff Bridges alle prime armi, una Cybill Shepard splendente ragazza annoiata, e poi c'è una grande Cloris Leachman (la Frau Blücher! di Frankenstein Jr.) casalinga depressa e fedifraga, meritatissimo premio Oscar.
45. La donna fantasma (1944) di Robert Siodmak
Quando un soggetto di atmosfera e
meccanismi perfetti, firmato da Cornell Woolrich uno dei maestri del crime
thriller americano, incontra la regia minuziosa e raffinata dell'espressionista
Robert Siodmak, nasce un capolavoro che trascende i confini del genere. Una
pellicola tanto preziosa quanto malamente trascurata dalla fiera dei best of. E
dal suo cantuccio del dimenticatoio questo noir perlaceo emana luce come pochi
altri, grazie anche alle maiuscole interpretazioni della bella e spumeggiante
Ella Raines e del glaciale Franchot Tone, stelle ormai impietosamente sbiadite
nel firmamento hollywoodiano. Siodmak "arreda" ogni scenario con
grazia e cura del dettaglio, inquadra con ricchezza e profondità, infonde la giusta
tensione in sequenze memorabili come il pedinamento del losco barman da parte
della segretaria Kansas, improvvisatasi detective per amore.
44. Ladri di biciclette (1948) di Vittorio De Sica
Il neorealismo di De Sica dipinge
la Roma del dopoguerra con tratti vivaci e grezzi, pescando tra la gente e non
negli actor's studios, eppure senza perdere un grammo di classe. "Il mio
scopo è rintracciare il drammatico nelle situazioni quotidiane, il meraviglioso
della piccola cronaca, anzi, della piccolissima cronaca", disse il regista
di Sora. E proprio di piccolissima cronaca tratta questo bellissimo ritratto di
popolino romanaccio, fatto di furtarelli e trattorie, messe dei poveri e monte
dei pegni. E come tristemente spesso accade, pure un piccolissimo fatterello di
cronaca rischia di rovinare una vita intera...
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