giovedì 22 ottobre 2015

Top 100 FILM da vedere (dal n. 46 al n. 44)

46. L’ultimo spettacolo (1971) di Peter Bogdanovich


Le storie struggenti dell'America vintage, devo ammetterlo, mi affascinano da sempre. Ma laddove sussulto per semplici confezioni colorate come il bellissimo "American Graffiti", o il più recente e tenero "Stand by me", davanti a capolavori come questo di Bogdanovich mi sento mancare il fiato. Non c'è infatti il solo sospiroso effetto "melancholy" - il vento che spazza una cittadina desolata, piccole sale biliardo mal riscaldate, la radio, il drive-in, le infinite monotone highways americane, l'ultima proiezione di un vecchio cinema da cui il titolo del film - ma anche un ingrediente segreto, magico, il gioco raffinato e dosato con l'elemento surreale proprio di un Fellini (Ia scena della piscina al Country Club, molto felliniana), la ferocia nascosta delle relazioni umane che straripa nella letteratura americana del 900, come pure in pregevoli prodotti della TV (guardate bene la magnifica Ellen Burstyn; non vi ricorda una certa Bree di Wisteria Lane?). Quella malinconia brutale di un gruppo di tipici redneck texani incapaci di commuoversi davanti al cadavere di un "idiota".
Ottimo il consiglio di Welles all'amico Bogdanovich di girarlo in bianco e nero. La sequenza iniziale e quella finale coincidono, come a ricordarci che tutto è un ciclo. C'è un Jeff Bridges alle prime armi, una Cybill Shepard splendente ragazza annoiata, e poi c'è una grande Cloris Leachman (la Frau Blücher! di Frankenstein Jr.) casalinga depressa e fedifraga, meritatissimo premio Oscar.
45. La donna fantasma (1944) di Robert Siodmak


Quando un soggetto di atmosfera e meccanismi perfetti, firmato da Cornell Woolrich uno dei maestri del crime thriller americano, incontra la regia minuziosa e raffinata dell'espressionista Robert Siodmak, nasce un capolavoro che trascende i confini del genere. Una pellicola tanto preziosa quanto malamente trascurata dalla fiera dei best of. E dal suo cantuccio del dimenticatoio questo noir perlaceo emana luce come pochi altri, grazie anche alle maiuscole interpretazioni della bella e spumeggiante Ella Raines e del glaciale Franchot Tone, stelle ormai impietosamente sbiadite nel firmamento hollywoodiano. Siodmak "arreda" ogni scenario con grazia e cura del dettaglio, inquadra con ricchezza e profondità, infonde la giusta tensione in sequenze memorabili come il pedinamento del losco barman da parte della segretaria Kansas, improvvisatasi detective per amore.

44. Ladri di biciclette (1948) di Vittorio De Sica


Il neorealismo di De Sica dipinge la Roma del dopoguerra con tratti vivaci e grezzi, pescando tra la gente e non negli actor's studios, eppure senza perdere un grammo di classe. "Il mio scopo è rintracciare il drammatico nelle situazioni quotidiane, il meraviglioso della piccola cronaca, anzi, della piccolissima cronaca", disse il regista di Sora. E proprio di piccolissima cronaca tratta questo bellissimo ritratto di popolino romanaccio, fatto di furtarelli e trattorie, messe dei poveri e monte dei pegni. E come tristemente spesso accade, pure un piccolissimo fatterello di cronaca rischia di rovinare una vita intera...

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