55. The
Wolf of Wall Street (2014) di Martin Scorsese
Jordan Belfort e la sua
sbarellatissima corte di yuppies parvenu vivono al massimo il mantra del
sex, drug & rock’n roll. I dollari piovono a palate, non si può neanche
contarli. Questo drogato angelo nero della finanza è incarnato alla perfezione
da Di Caprio, non si placa un attimo, si spinge sempre oltre il limite fino
all'epilogo, metafora dell'immortalità di questa mentalità speculativa. Le
trovate di Scorsese sono lampi di genio cristallino; si muove perfettamente a
suo agio nell'ambiente sfavillante e marcio del jet-set come aveva già
dimostrato nell'immortale Casinò, e qui ci propone gustosissimi sfasamenti
narrativi: le Ferrari o le Lamborghini che cambiano colore in corsa, i momenti
di sguardo in camera in cui Belfort ci racconta lucidamente i suoi eccessi, la
visione di sequenze 'adulterate' dalle droghe poi ripercorse per come sono
andati realmente i fatti (Jordan che rincasa dal Country Club per avvisare il
socio che i telefoni sono controllati). Da antologia la sequenza in cui Belfort
strafatto si rivitalizza con la coca per salvare l'amico Donnie (un grandissimo
Jonah Hill), mentre alla tivù Popeye spreme il suo iconico barattolo di spinaci
Con Scorsese, la colonna sonora non può essere che da sballo: pezzi blues, rap
rock, lo hum hum di McConaughey nel "Money Chant", la fantastica
"Mercy, mercy, mercy" di Cannonball Adderley riproposta in finale con
quella sorta di alternate take, nella parafrasi pianistica di Alain Toussaint.
Simply gorgeous.
54. Il grande sentiero (1930) di Raoul Walsh
Capolavoro dell'epica western
all'albeggiare del cinema sonoro, con l'esordio in gran stile di un
giovanissimo John Wayne in completino frangiato alla Kit Carson e ciuffo
ribelle. A lui si contrappone l'irsuto capocarovana impersonato dall'ottimo
Tyron Power sr., "padre d'arte" di scuola marcatamente shakespeariana.
La regia di Walsh coglie, nella miglior definizione del 70mm, la vastità degli spazi, l'irrompere di battaglie e tempeste, così come la fatica di guadi, scollinamenti e traversate dove l'ingegno umano e la tenacia sono la spinta verso ovest, a bordo dei mitici prairie schooner. E quando sembra che le forze vengano a mancare, beh, basta un po' della solita, immancabile retorica americana. Per i cuori più sensibili, l'aitante imberbe Wayne sciorina un po' di romanticismo d'antan del tipo: "Un giorno, da qualche parte, i nostri sentieri si incroceranno ancora". Chiude il sipario una resa dei conti spiccia nella tormenta di neve, e un happy ending della miglior tradizione, sotto una magnifica volta di gigantesche sequoie.
La regia di Walsh coglie, nella miglior definizione del 70mm, la vastità degli spazi, l'irrompere di battaglie e tempeste, così come la fatica di guadi, scollinamenti e traversate dove l'ingegno umano e la tenacia sono la spinta verso ovest, a bordo dei mitici prairie schooner. E quando sembra che le forze vengano a mancare, beh, basta un po' della solita, immancabile retorica americana. Per i cuori più sensibili, l'aitante imberbe Wayne sciorina un po' di romanticismo d'antan del tipo: "Un giorno, da qualche parte, i nostri sentieri si incroceranno ancora". Chiude il sipario una resa dei conti spiccia nella tormenta di neve, e un happy ending della miglior tradizione, sotto una magnifica volta di gigantesche sequoie.
53. Il dottor Stranamore (1964) di Stanley Kubrick
Uno strepitoso film
antimilitarista, dal grandioso impatto scenografico, con un Peter Sellers al
cubo, davvero un artista versatile e di genio che Hollywood ha perduto troppo
presto. Kubrick innesta la quarta, lasciandosi alle spalle pellicole
ottimamente confezionate (The killing, Orizzonti di gloria) per lanciarsi verso
un estro più graffiante; ne vien fuori una commedia intelligente e bizzarra,
che sa danzare col surreale senza mai scivolare nel mero demenziale, dove
brillano stelle di seconda fila quali Sterling Hayden, George C. Scott (secondo
me nel ruolo più divertente e indovinato, quello del generale
"micione", rozzo e goffo) e il fenomenale caratterista Slim Pickens
(lo adoro!). Un finale da vera e propria "The End", una ucronica
serie di esplosioni con sottofondo ironicamente romantico: We'll meet again
some sunny day
Nessun commento:
Posta un commento