28. Dies irae (1943) di Carl T. Dreyer
Fuori dalle buie segrete, dove
una povera vecchia ha appena finito di gridare, la telecamera indugia tre le
fronde e le alte volte degli alberi; un amore skandaløs sta sbocciando
mentre l'abominio dell'inquisizione sta mietendo un'altra vittima innocente. Il
crepitare di un rogo, l'incessante scampanìo, il volto triste della bionda
incuffiata Anne che scruta da una finestrella. Croci, croci, croci e una
processione di neri ministri di una sinistra religione, un coro di voci
bianche. La flebile luce del Cantico dei Cantici prova a farsi spazio nella
caligine di una religiosità sessuofoba. Ma la passione si pietrifica, la feroce
condanna è inevitabile.
Non c'è miglior aggettivo per questo film che "danese"; freddo come un mattino nebbioso, duro come i volti nordici nei loro austeri colletti.
Non c'è miglior aggettivo per questo film che "danese"; freddo come un mattino nebbioso, duro come i volti nordici nei loro austeri colletti.
27. Radio America (2006) di Robert Altman
L'uscita di scena di uno dei più
grandi registi di sempre, salutato da un cast eccezionale. Malinconia, humour,
un pizzico di mistero e tanta buona musica per un amoroso canto a madre Radio.
Altman riusciva a estrarre il meglio da ogni attore, ed è per questo motivo che
i suoi film corali sono passati alla storia; qui le regine della scena sono
Meryl Streep e Lily Tomlin, ma guardate (e ascoltate!) quanto è bravo Garrison
Keillor, storico conduttore radiofonico. Brillante il duo country formato da
Woody Harrelson e J.C. Reilly, spumeggiante come sempre Kevin Kline.
26. Il fascino discreto della borghesia (1972) di Luis Buñuel
Capolavoro grottesco e surreale,
danza leggero tra realtà e sogno e affonda i suoi artigli sulla delicata pelle
di una borghesia cinica e forbita. Bunuel ci racconta la sua storia
chiazzandola di tanto in tanto con improvvise bizzarrie, fughe dal verosimile
nella cornice di uno stile sequenziale, sobrio e ordinato. Sono questi lampi
paradossali a dare una luce incredibilmente vivida al film, aprendo gli occhi
dello spettatore sulla vacua inconcludenza di una classe sociale dal frigo
pieno, arroccata nella sua ipocrita etichetta. Impennate dell'assurdo, raptus
di violenza inopportuna che sviscerano l'anima nera nascosta in sontuosi
ricevimenti, graziosi aperitivi e case impeccabili. Ogni spiegazione a soprusi
e falsità viene sempre ironicamente coperta da un rumore di fondo; il traffico,
il rombo di un aereo, il ticchettare delle macchine da scrivere, tutti effetti
sonori curati peraltro curiosamente da Bunuel in persona. Il regista ci vuol
far capire quanto siamo sordi all'ingiustizia di classe. I pasti non vengono
mai portati a compimento, ma ciò che conta in fondo sono i corretti
abbinamenti, la giusta preparazione di un martini-dry o come si taglia il
cosciotto. E la vita di questi fortunati fannulloni scorre tutta uguale, a
passi spediti lungo una strada senza fine, circondata dal nulla.
Molto bravi gli attori, in special modo Fernando Rey, ma nel cinema del genio spagnolo contano più le immagini, sequenze memorabili come quelle del militare nella città dei morti o le cene oniriche a casa del colonnello.
Molto bravi gli attori, in special modo Fernando Rey, ma nel cinema del genio spagnolo contano più le immagini, sequenze memorabili come quelle del militare nella città dei morti o le cene oniriche a casa del colonnello.
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