mercoledì 11 novembre 2015

Top 100 FILM da vedere (dal n. 34 al n. 32)

34. American Gangster (2007) di Ridley Scott


Una gangster story serrata e avvincente, con un cast sontuoso, che ci immerge negli ambienti malavitosi degli anni settanta con un taglio parzialmente scorsesiano. Qui Ridley Scott ha tirato su la testa dalla lunga apnea dopo i colpi magici di Blade Runner e Alien, montando su una classica perfetta pulp machine dove il marcio si estende al di là del mondo del crimine. Denzel Washington è grandioso e crudele nonostante la dolcezza dei tratti, Russel Crowe è in stato di grazia, ma è tutto il cast a danzare al ritmo giusto. Parte strepitosa per John Ortiz, quasi un caratterista del poliziottesco all'italiana. Colonna sonora black soul e funky ovviamente da capogiro.

33. 8 ½ (1963) di Federico Fellini


Quando hai finito la visione di questo film ti ritrovi a frugare nella valigia dei tuoi migliori aggettivi, ma non trovi nulla di adatto. Trovi ogni parola datata, usata, scialba. Ti accorgi finalmente di come la critica non sia onnipotente e onnicomprensiva; ti rendi conto della nebbia mistica, quel confine che separa ciò che sta da una parte e ciò che sta dall'altra dello schermo, e di quanto sia illusorio pensare di poter setacciare ogni cosa dell'arte, perchè alcune cose sfuggono ai tuoi poveri mezzi. E' come provare a prendere un'anguilla con le mani bagnate, scivola via guizzante e più viva che mai. Fellini mette in connessione sogno, ricordo e visione, ha quella intuizione vitale, accende quella sacra fiamma a cui guardiamo ipnotizzati in trance. Ci nutre di bellezza eterna il solo catalogo della sua straripante, variegata, originale umanità, che affastella primi piani di visi strani, grotteschi, popolari, circensi. La sola istanza demitizzante arriva forse dall'impianto dialogico, così tremendamente nouvelle vague, babelicamente snob, un lavoro di ordito del fido Flaiano e la sua penna spudorata (ma se questo è il limite, signori miei, di cosa vogliamo parlare noi tastieristi da pausa caffè...).
Dopo l’inevitabile intontimento post visione si può solo cercare di ricollezionare le sequenze che restano marchiate nella mente; l'abbacinante visione collettiva alle fonti dell'acqua santa, le schermaglie di carnalità tra Mastroianni e la Milo, il ballo sulla spiaggia della selvaggia gigantesca Saraghina, il sogno androcentrico del protagonista servito dalle donne della sua vita, il finale con la consueta atmosfera da luna park di periferia, tra desolazione e luci del varietà.

32. Quinto potere (1976) di Sidney Lumet


Geniale, a suo modo poetica e distruttiva visione del mondo dell'immagine da parte di Sidney Lumet. L'amore non riesce a circolare in un ambiente vacuo, condannato a soffrire per la sua freddezza, ogni emozione, ogni passione ideale, religiosa, ogni valore viene stravolto, gestito, modellato a piacere e ridotto a indici e percentuali. Cast fantastico, nel quale spiccano il "pazzo profeta dell'etere" Peter Finch e soprattutto il rude flemmatico William Holden, uno sguardo che trapassa l'inquadratura. Si nota un linguaggio singolarmente ricercato nei dialoghi, ampolloso perfino negli scambi di battute veloci, ma sospetto sia una infiorettatura del doppiaggio. Finale reciso e spietato, forse un po' troppo sopra le righe ma efficace.

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