venerdì 6 ottobre 2017

1997 Fuga da New York di John Carpenter



Diario di visione del blu-ray, una edizione piuttosto spartana Universal/StudioCanal ma di ottima qualità delle immagini, parecchio tempo dopo l’ultima visione in TV (almeno dieci anni fa, forse di più).

Sin dal primo clic su “inizia film”, parte l’amalgama perfetto. I titoli di testa minimal esaltano la strepitosa colonna sonora scritta dallo stesso Carpenter in collaborazione con Alan Howarth, veterano del sound design e degli effetti sonori. Un refrain cupo e malinconico al synth che ha fatto storia.
Le prime scene tra il sonoro degli elicotteri, i fari nella notte, le mura bluastre e i poliziotti dall’assetto futuristico preparano lo spettatore all’atmosfera distopica del film (alcuni fondali disegnati dal giovane James – Jim nei credits - Cameron); arriva la prima apparizione di KURT RUSSELL, figura illuminata con toni quasi incandescenti che staglia nell’oscurità attorno, scende dal bus blindato sotto scorta con un’aria da ceffo, barba incolta e capello lungo, benda da pirata, andatura da cow-boy e mise perfetta per un antieroe del noir fantascientifico (costumi di Stephen Loomis… un cognome che dirà qualcosa a chi conosce la filmografia di Carpenter). L’antagonista iniziale è l’immenso LEE VAN CLEEF, nasone a becco d’aquila e orecchino da pirata, commissario di quelli tosti.
Il cuore sussulta quando avviene il fatto che scatena il plot. Un aereo (l’Air Force presidenziale) si schianta sullo skyline di New York; come non pensare all’11 settembre? La missione recupero di Snake Plissken viene assegnata, il suo gullfire planerà silenzioso sopra il tetto delle Twin Towers per un secondo sussulto emotivo. E siamo decisamente, pienamente, angosciosamente dentro al film.
Che atmosfera la New York distopica trasformata in un gigantesco carcere a cielo aperto. Sin dall’arrivo in un grattacielo desolato, con ombre che fuggono sullo sfondo – sottolineate con rapidi commenti sonori – per poi scendere nelle buie strade interrotte qua e là da pire incandescenti, Plissken, fucile alla mano, sgattaiola nei meandri di una devastazione reale (molte scene furono girate a St. Louis dopo che un incendio aveva devastato un intero quartiere) che farà poi da modello a Blade Runner l’anno successivo.
La grandiosa intuizione cyberpunk di fondere le maschere del vaudeville agli scenari post-apocalittici trova la massima espressione nella scena dello spettacolino al Fox Theatre (anche in questo caso si tratta di quello di St. Louis), dove incrociamo il mitico ERNEST BORGNINE nei panni di un tanto improbabile quanto romantico tassista in un mondo desolato e violento. Anche il lunatico Duca di New York, villain dal costume fumettistico, interpretato dall’icona soul ISAAC HAYES rientra potentemente in questo immaginario, accompagnato dalla maschera grottesca (potrebbe figurare benissimo tra i replicanti di Ridley Scott) del folle Romero, l’attore Frank Doubleday.
Last but not least, la grandiosa parabola politica di Carpenter in piena guerra fredda e in un’America appena uscita dallo scandalo Nixon. Una visione “sinistra” e “di sinistra”, certo, ma se qualcuno oggi potrebbe sbeffeggiare la “profezia mancata” di una involuzione così cinica di Manhattan (e dell’America in generale) qualcun altro potrebbe sensatamente considerare che anche se non sempre ci sono rottami fumanti a dividere i quartieri, la ghettizzazione esiste e si può proporre perfino su larga scala (il muro tra USA e Messico, per dirne una). Così come la minaccia nucleare. Noi ci consoliamo con Snake (Iena) Plissken e la sua piccola vendetta, il nastro di una cassetta che si srotola nella scena finale mentre un presidente inebetito ascolta le note di un boogie, inaspettata “soluzione di tutti i conflitti”.

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